Quando una persona subisce un trauma, come violenza fisica o psicologica, o si trova in una situazione di difficoltà estrema, può sentirsi sopraffatta e pensare di non avere via d’uscita. In questi momenti, il messaggio che riceve dall’esterno può fare la differenza tra la disperazione e la capacità di reagire.
Studi scientifici e resilienza
Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che la resilienza, ovvero la capacità di superare le avversità e di crescere nonostante le difficoltà, è strettamente legata alla percezione di poter cambiare la propria situazione. Se una vittima interiorizza il messaggio che “non ce la farà mai” senza aiuto esterno, rischia di sviluppare un senso di impotenza appresa, una condizione psicologica in cui la persona si convince di non avere alcun controllo sulla propria vita.
Al contrario, un messaggio di speranza e di fiducia nelle proprie risorse può attivare un processo di cambiamento positivo. La vittima può iniziare a cercare attivamente delle soluzioni, a chiedere aiuto e a mettere in atto strategie di coping efficaci.
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Il ruolo dei centri di aiuto
Naturalmente, il supporto esterno, come quello offerto dai centri specializzati, è fondamentale per le vittime. Questi centri forniscono un ambiente sicuro e accogliente, un ascolto empatico e non giudicante, un sostegno psicologico e pratico. Tuttavia, è cruciale che l’aiuto offerto sia orientato a rafforzare l’autonomia e le capacità della persona, piuttosto che a creare una dipendenza.
Un approccio centrato sulla persona
Un approccio psicologico efficace deve considerare la vittima come un individuo unico, con le proprie risorse, esperienze e valori. Non esiste una soluzione valida per tutti, e il percorso di guarigione è personale e complesso.
Invece di focalizzarsi sulla patologia o sulla debolezza della persona, è più utile concentrarsi sulla sua resilienza, sulle sue capacità di adattamento e sulla sua volontà di superare il trauma. In questo modo, si può co-costruire un percorso di aiuto personalizzato, che tenga conto delle specifiche esigenze della vittima e che la incoraggi a riprendere il controllo della propria vita.
Storie
1. La storia di Malala Yousafzai: Malala è una ragazza pakistana che ha subito un attentato da parte dei talebani per la sua lotta per l’istruzione delle ragazze. Nonostante il trauma, Malala ha continuato a battersi per i suoi ideali, diventando un simbolo di speranza e di resilienza per le vittime di violenza in tutto il mondo. Il suo messaggio è chiaro: non bisogna mai arrendersi, anche di fronte alle difficoltà più grandi.
2. La storia di una donna che ha subito violenza domestica: Una donna, che chiameremo Anna per proteggerne l’identità, ha subito anni di violenza domestica da parte del marito. Si sentiva intrappolata e senza via d’uscita. Un giorno, Anna ha trovato il coraggio di chiedere aiuto a un centro antiviolenza. Lì ha trovato un ambiente accogliente e un messaggio di speranza: “Non sei sola, ce la puoi fare”. Grazie al supporto psicologico e pratico, Anna è riuscita a liberarsi dal suo aguzzino e a ricostruire la sua vita. La sua storia è un esempio di come un messaggio di speranza può dare la forza di reagire e di cambiare il proprio destino.
Conclusioni
In conclusione, è fondamentale che le vittime ricevano un messaggio di speranza e di fiducia nelle proprie capacità. Questo non significa negare l’importanza dell’aiuto esterno, ma piuttosto integrarlo in un approccio più ampio, centrato sulla persona e orientato alla resilienza. Solo così è possibile favorire una guarigione profonda e duratura.
Riferimenti bibliografici
- Bonanno, G. A. (2004). Resilience and psychological health. Annual review of clinical psychology, 1(1), 467-480.
- Masten, A. S. (2014). Global perspectives on resilience in children and youth. Child development, 85(1), 6-20.
- Rutter, M. (2012). Resilience in the face of adversity: Protective factors and resistance to psychiatric disorder. The British Journal of Psychiatry, 1 201(5), 348-352.
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