Il mio account

L’identità, un campo minato.

Il conflitto tra chi siamo (il nostro “essere”) e ciò che gli altri e noi stessi ci aspettiamo di essere (il “dover essere”) è un terreno fertile per la violenza. Questa tensione interna, nata dall’incapacità di conciliare le nostre aspirazioni con le aspettative sociali, può generare frustrazione, rabbia e, in alcuni casi, sfociare in comportamenti aggressivi.

Le aspettative sociali: una gabbia invisibile:

Le regole non scritte della società, i ruoli di genere, le norme comportamentali: tutti elementi che plasmano la nostra identità e ci dicono chi “dovremmo” essere. Quando non riusciamo a conformarci a questi modelli, possiamo sentirci inadeguati, emarginati o addirittura giudicati. Questa sensazione di non appartenenza può alimentare un profondo senso di frustrazione che, in alcuni casi, può sfociare in atti violenti.

La violenza: un grido di aiuto silenzioso:

La violenza, in molte sue manifestazioni, può essere interpretata come un tentativo disperato di affermare sé stessi, di rivendicare la propria identità e di sfuggire a una realtà percepita come opprimente. Dietro ogni atto violento, si cela spesso un profondo malessere, un senso di impotenza e un bisogno disperato di essere riconosciuti.

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Lo sportello di ascolto ed orientamento sul benessere individuale e relazionale dell’A.I.P.C. è dedicato a tutte le persone senza distinzione di genere. Il numero unico A.I.P.C. è il 3924401930 attivo tutti i giorni festivi compresi dalle ore 12:00 alle ore 16:00 e la e-mail è aipcitalia@gmail.com.

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Testimonianze:

Marco: “Da piccolo ero sempre l’ultimo della classe, il più debole. Gli altri mi prendevano in giro e mi picchiavano. Crescendo, ho capito che per non essere più vittima dovevo diventare il più forte. Ho iniziato a sfogare la rabbia sugli altri, per sentirmi finalmente al sicuro.”

Luca: “Mio padre era violento e mi picchiava spesso. Ho imparato che la forza risolve i problemi. Quando mia moglie mi contraddiceva, sentivo di rivivere quelle stesse emozioni e reagivo allo stesso modo.”

Andrea: “Sono cresciuto in un ambiente molto maschilista, dove la violenza era considerata normale. Mi dicevano sempre che un uomo deve essere forte e dominare. Quando mia moglie ha voluto essere indipendente, l’ho vista come una minaccia al mio potere.”

Davide: “Ho subito molestie sessuali da bambino. Da adulto, ho difficoltà a gestire le mie emozioni e la rabbia mi sopraffà facilmente. Ho paura dell’intimità e ho paura di essere nuovamente ferito. A volte, sfogo la mia rabbia sulle persone che amo.”

Analisi delle testimonianze:

Le testimonianze presentate evidenziano come l’esperienza di violenza, sia come vittima che come testimone, possa influenzare profondamente la percezione di sé e degli altri, portando a sviluppare modelli relazionali disfunzionali e a utilizzare la violenza come mezzo per affrontare le proprie emozioni e le proprie difficoltà. Inoltre, le aspettative sociali legate al genere e al ruolo maschile possono giustificare e normalizzare comportamenti violenti.

Conclusioni:

La correlazione tra l’essere e il dover essere e la violenza è un tema complesso e multifattoriale. Comprendere le dinamiche psicologiche e sociali che sottendono la violenza è fondamentale per sviluppare interventi efficaci di prevenzione e trattamento.

Riferimenti bibliografici:

Bandura, A. (1977). Social learning theory. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.

Bowlby, J. (1969). Attachment and loss: Vol. 1. Attachment. 1 New York: Basic Books. 

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